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Dal falso in bilancio alla bancarotta il passo è breve

Dal falso in bilancio alla bancarotta il passo è breve

Dal falso in bilancio alla bancarotta il passo è breve

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9958/2023 ha (ri)affermato il proprio indirizzo interpretativo secondo cui integra il reato di bancarotta impropria la condotta dell’amministratore che, esponendo nel bilancio dati non corrispondenti al vero eviti che si manifesti la necessità di procedere ad interventi di rifinanziamento o di liquidazione. L’esposizione nel bilancio di dati non corrispondenti al vero è al fine di occultare l’esistenza di perdite e consentire la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione. In tal modo consentendo alla fallita la prosecuzione della propria attività con accumulo di ulteriori perdite negli esercizi successivi, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto.

Dal falso in bilancio alla bancarotta il passo è breve. La sentenza nasce dai Massimi giudici che  hanno respinto un ricorso proposto dagli imputati avverso una sentenza di secondo grado, emessa dalla Corte d’Appello di Torino, che ha dichiarato la loro responsabilità – in concorso – per il reato di cui all’art. 223, comma 2 n. 1, L. fall. (R.D. n. 267 del 1942), in relazione all’art. 2621 cod. civ. (“False comunicazioni sociali”), nelle rispettive qualità di amministratore unico e di amministratore di fatto della fallita.

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